Come iniziare a studiare piano jazz?
scritto da Luca Ridolfo
Il mio ricordo di quando iniziai a studiare jazz al piano risale ai tempi delle medie (anno… 2004?). Nella scuola di musica dove andavo a lezione, un insegnante decise di formare un gruppo jazz composto da alcuni allievi.
Il mio livello pianistico a quel tempo era discreto, dovendomi preparare per l’esame di compimento inferiore di pianoforte. Pertanto, il problema non era dal punto di vista tecnico, bensì come suonare in questo stile, essendo una cosa nuova per me. Per stimolarmi, mio padre mi comprò qualche collana di dischi di vari artisti jazz. Iniziai ad ascoltarli; alcuni mi presero subito, altri meno.
Il problema però rimaneva sempre quello. Non sapevo come interpretare la lead sheet e le improvvisazioni erano un accozzaglia di note messe li a caso.
Facendo un salto temporale, negli ultimi anni delle superiori considerai il fatto di entrare in conservatorio per studiare Piano Jazz. Dovendo ancora prendere confidenza con questo genere, la soluzione migliore fu quella di farsi guidare da un insegnante (grazie Rudy!).
Con il tempo ho poi scoperto l’esistenza di una serie di libri riguardanti il piano jazz e, con gli anni, questi diventarono sempre numerosi grazie anche all’avvento dell’internet 2.0.
Proprio per il gran numero di informazioni e di cose “che un vero jazzista dovrebbe sapere”, ho cercato di studiare sempre tutto, tralasciando la cura di certi aspetti fondamentali.
Pertanto, se dovessi ritornare indietro nel tempo, cosa farei diversamente? Cosa farei di più e cosa farei di meno?
E, soprattutto, se tu dovessi iniziare adesso a studiare jazz, quali sono gli aspetti che dovresti sapere per progredire in maniera costante?
1) Ascolta, ascolta, ascolta
Questo argomento richiederebbe un articolo intero (vedi l’ approfondimento in questo blog post). Cercherò pertanto di essere dritto al punto.
Quando insegno jazz, la prima domanda che faccio ai miei allievi è “ascolti jazz?”… oppure “che dischi hai presente? Che dischi ti piacciono?”. Infatti, iniziare cosi dal nulla senza avere un punto di riferimento è difficile!
Immagina di voler imparare a dipingere. Senza avere degli esempi reali su come utilizzare il colore, su come utilizzare le varie tecniche di pittura, è impossibile ottenere un risultato decente.
A questo punto, sicuramente la tua domanda sarà “si ok, ma con quali dischi bisogna iniziare?”. La risposta è molto semplice: “inizia con quelli che ti piacciono”. Come trovarli? Semplice, immergiti nelle liste spotify e salvati gli album che ti “prendono”.
Alcuni diranno: “bisogna iniziare dal bebop, il vero jazz eccecc”. Ok, va bene, e allora trova degli album bebop che vi incuriosiscano… che problema c’è?
“Ok figo come suonano, ma io come posso fare per imparare da loro?” Semplicemente…
2) Imitali!
A questo punto qui, probabilmente avrai trovato i tuoi pezzi preferiti. Adesso si tratta di imitarli.
“ok, Luca, ma sentire tutta sta roba è un casino. Io mica ho l’orecchio assoluto…” – e va bene, ma quanti non ce l’hanno?
(Tra l’altro, tu fossi furbo, saresti già iscritto alla mia membership gratuita per poter copiare le soluzioni che ho trascritto. Se non l’hai ancora fatto… Clicca qui per iscriverti).
Leggiamo insieme la definizione della parola imitare: “Riprodurre in modo uguale o simile”. Ed è qui che sta il trucco! Infatti, non è che dobbiamo copiare pari pari quello che sentiamo. Quando ho iniziato a studiare jazz, cercavo di trascrivere nota per nota nella maniera più precisa in assoluto, come una cosa fine a se stessa. Quello che mi sfuggiva era lo scopo di questa attività, ovvero carpire le informazioni dalle registrazioni e di ricercare una sonorità simile, non la copia esatta. Poi, ognuno ha il suo modo di farlo, ma il mezzo non deve impedire il raggiungimento del risultato. A volte l’essere perfezionisti rallenta anziché velocizzare il processo.
“Ok, ma cosa imitare?”… Vediamo il prossimo punto
3) Tieniti semplice
Ricordo le mie prime trascrizioni: soli di fiati, comping di vari pianisti o addirittura interi brani in piano solo. Tutto questo ha fatto solo che bene ma…
perché non tenersi ancora più semplici?
Perché non iniziare imitando come i vari esecutori interpretino il tema? E’ semplice ed è alla portata di tutti, senza dover avere particolari abilità di ear training. Per farlo, ti basterà mettere in loop l’audio e provare a suonarci sopra. Tutto qui. Con il tempo lo farai sempre meglio e, soprattutto, riuscirai ad avere lo stesso tipo di pronuncia senza la traccia audio di riferimento.
Facendo questo tipo di lavoro puoi imparare vari tipi di cose, ovvero:
- La pronuncia ed articolazione nel jazz.
- Come variare un tema
- Come costruirti fin da subito un repertorio di temi
Fatto questo, allora magari puoi passare ad un solo o quant’altro. Anche qui, non hai bisogno di trascrivere tutti i soli di quel determinato mp3. Trascrivi quello che ti piace, un passaggio o un chorus.
A questo punto non cadere in questa trappola:
4) Non saltare di palo in frasca
Cosa significa? Non cambiare argomento di studio ogni dieci minuti. Immergiti nell’argomento. Non serve padroneggiarlo completamente; la cosa importante è che ci tu spenda del tempo, focalizzandoti su una cosa soltanto. Il problema di noi pianisti è che dobbiamo essere capaci in vari fronti, problema che alcuni strumenti hanno meno. Di conseguenza, è bene investire il nostro tempo al meglio.
Come puoi farlo?
Come ho già scritto, decidi un argomento di tuo interesse, e focalizzati su questo per un periodo di tempo. Guarda come altri pianisti hanno risolto il tuo problema, vai a lezione da qualche insegnante. Hai varie scelte.
Per quanto devi farlo? Due settimane? Un mese? Una vita?
Questo sta a te deciderlo, l’importante è non rimanere ingabbiati in un certo argomento per manie di perfezionismo (come facevo io). Personalmente, cambio argomento quando inizio a vedere di aver assorbito alcuni concetti studiati. Successivamente, li riprendo in mano per far si che si sedimentino ancora di più nella mia mente.
“E la teoria? E l’armonia?”… ok, adesso ci arriviamo.
5) Dare i nomi alle cose
A questo punto, puoi dare i nomi alle cose. Infatti, credo sia molto più semplice dare i nomi alle cose dopo aver sentito il suono di queste.
Immaginati questa scena: se dovessi dirvi di aver inventato il “Trixy”, spiegandovi come questo speciale aggeggio serva per teletrasportare arance da un pianeta all’altro, senza però mostrarvelo… Cosa capireste? Metà della spiegazione. Se invece vi mostrassi direttamente come funziona, senza spiegarvi le teorie rivoluzionarie dietro a questo fantasioso marchingegno, capireste molto di più. Ecco, la stessa cosa a mio avviso capita anche nella musica.
In poche parole, interiorizzate bene la sonorità di una certa soluzione e poi datele un nome.
“Okok, ma che libri mi consigli per dare i nomi alle cose?”
Libri? Ce ne sono di vari, alcuni validi e altri meno. Magari questo sarà argomento di un altro post. La cosa più importante all’inizio, a mio avviso è di spendere tempo sui dischi, più che sui libri. Infatti, quello di cui avete ora bisogno è di sonorità, non di nozioni. Per quello c’è tempo.
Una volta che avete un bel bagaglio di suoni all’interno del vostro “sistema”, allora sarà più semplice affrontare tutti i discorsi più “intellettualoidi”.
Per cui, ricapitolando quello di cui avete bisogno:
- Sentire musica, tanta musica
- Imitare… ascoltare non basta
- Tieniti semplice.. non trasformare la tua vita in un inferno J
- Focalizzati su un argomento… senza esagerare
- Dai i nomi alle cose
Conclusioni
Perché molti principianti sbagliano? Perché fanno tutto il percorso al contrario. Prima iniziano a dare i nomi alle cose e come ultima cosa sentono la musica.
Chiaramente, nessuno dice che non puoi farlo. Puoi farlo eccome! Per mia esperienza, ho avuto più benefici seguendo il “processo” di cui ti ho parlato in questo articolo.
E tu, di solito, come procedi? Come hai iniziato a studiare jazz? Fammelo sapere in un commento qui sotto! E se poi conosci qualcuno a cui possa interessare questo argomento, condividi il mio articolo!